Maurizio Cecchele, nato a Cittadella (PD) il 31-08-1960 è figlio d’arte. Il padre Gianfranco infatti è ricordato come uno dei più longevi artisti lirici di fama mondiale. Primogenito di cinque figli, fin dalla più tenera età coltiva spiccate doti per tutto ciò che è arte, dapprima evidenziandosi in gioventù nel disegno e composizioni letterarie, per poi distinguersi nel campo musicale appena ventenne. La “favola musicale”, Cecchele la vivrà solamente per una decina d’anni, respirando però, persino l’aria dell’ambiente professionale per poi “gettare la spugna” negli ultimi sei mesi passati a New York dove realizza che una simile professione non gli dava spazi per crescere una famiglia. Tornato in Italia, trova lavoro come operatore di ripresa e tecnico video in regia presso TV private (allora in forte crescita commerciale). Impara un altro lavoro creativo che porterà avanti, per proprio conto, per circa vent’anni. La famiglia, nel frattempo, è già composta; oltre alla moglie da tre figli e la produzione video non è più sufficente per fare progetti futuri. Quindi trova anche impiego in varie aziende come semplice magazziniere portando così avanti due occupazioni per diversi anni. Ma purtroppo non tutte le cose maturano come dovrebbero...
Arriva la separazione coniugale, dapprima vissuta drammaticamente dal Cecchele, per poi incontrare “l’anima gemella” che oltre a risollevarlo psicologicamente, stimola quel lato artistico-creativo latente in lui ma ormai in sordina. L’anima artistica si riaccende e prende forma nella poesia. Dopo un solo anno si classifica al primo posto al concorso nazionale “Perdersi nell’amore” (poesie inedite) e al concorso internazionale “Magna Graecia” (poesie edite) oltre a vari ambìti riconoscimenti a livello internazionale. Ha inoltre pubblicato la sua prima silloge di poesie dal titolo “Colori di tardo autunno” (pensieri e versi scritti in tempi travagliati) nel febbraio 2021 e recentemente la seconda intitolata "All'ombra dell'anima" entrambe edite da “Il Faro” Roma.
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- IL RESPIRO DELLA MENTE -
(Ode alla Musa)
Ed è sul finir del giorno
che ancor qui mi ritrovo,
fermo sotto i miei capelli assorto
ed immobile, in nebbioso
tabarro soffice avvolto.
Luoghi son questi nell'anima mia,
che tanto cari a me sono,
da divenir sublimi momenti,
dove certo sono che di nuovo
Lei verrà, ché del piacer stesso,
come zingaro, il cor nostro s'appaga.
E dal tiglio solenne, piange rugiada
su sacra unione, che come musica
al terzo occhio fa il respirar di mente
e profonda muove l'anima in segreti cieli,
così l'esser nostro rapir si lascia
dal plenilunio di tardo autunno,
mentre il vento del nord
il suo inverno forte chiama.
E dallo sguardo Suo, puro
distillar amore di versi vestito,
che la bocca mia pronunciar non sa,
ma all'altro dettati, in me celato.
Altro a cercar non vò,
e dagli amari giorni, non bramo
a mendaci paradisi agognar
in effimere evasioni, ché
da sempre dell'Arte lo scrigno,
rotti per me son segreti i sigilli.
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- VECCHIO CUOR D'INFANTE -
Antico nel mio petto
ancor batte cuor puerile
e riflesso strano rispecchia
all'umana mia natura,
che sebben di lazzi e scherni
il gaudio non disdegni,
di gran lunga in riva ad un fosso
di un albero la compagnia diletti.
Infido mai, ma al cor vicino amico,
più e più profondi sussurri
ondeggia all'animo mio
sebben della parola privo.
Del picchio dimora, dell'allodola teatro,
di vedetta il sito allo schivo
ed accigliato gufo.
Negl'infantili miei giorni
fra le sue braccia rifugio...
Lassù in alto , dai frondosi rami
celato , invisibile e lontano
da comuni e severi sguardi...
Gli stessi che ancor oggi
guardano ad un vecchio
che geloso nel petto
quel cuor d'infante
tuttora conserva.
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- LA SCELTA -
"Oh Padre...
Dimmi Padre mio!
Or che a mia stirpe
tosto bramo appagar desio,
perché mesto e cupo è l'occhio tuo
che severo e truce rende
benevolo sguardo?
Ch'io confuso forse e senz'avveder,
rispetto mancato abbia
a tuo riguardo?"
"Il mio a te guardar,
frainteso hai figlio mio diletto,
ché sol il destin tuo urla
timor al mio cospetto,
quando il cor tuo affidar
intendi a chi già trafitto
un tempo ebbe a morte.
Pensieroso perciò sospiro
e temo per la tua triste sorte."
"Vero è e tanto soffersi
nell'animo il dolor che in vita
gli uomini rende persi.
Ma delle colpe sue
pagato ebbe caro il fio
e imperitura fedeltà
redenta giurò innazi a Dio.
Da pentimento rivestita,
altra donna ora il mio passo segue
e all'anima, d'amore
sinfonie nuove esegue."
"Profondo in cor tuo
Amor offusca ragione,
nel non veder in lei celata
la natura dello scorpione.
Di turpe donna
apparente è la calma,
quando persa è la mente
e negletta è l'alma.
Accorato perciò
accetta paterno consiglio
di mendaci baci dimenticar
calde le labbra, che pianger io
non debba la vita di mio figlio."
"Sempre di mia ragion
del parer tuo tesoro
feci a mio giudizio,
specie se di evitar consegue
doloroso supplizio.
Ma all'amor in cor mio
si unì pietade, che la mente,
sebben di ben veder,
del tutto decade.
Una famiglia intendo crear
con la donna che è mia,
e questa ora a me figura
essere la giusta via."
"Povero figlio mio
che troppo ami e non capisci,
accecato da false lagrime
e dai suoi capelli lisci.
Ma giorno purtroppo verrà
che comprenderai ciò
che vorrei tu capissi adesso,
che chi del suo mal è causa,
non contro Dio imprechi,
ma pianga se stesso!"