Umberto Donato Di Pietro nasce a Roma, il 16 di aprile 1938.
È stato controllore del traffico aereo a Ciampino e Fiumicino.
Ha esercitato l’attività di commercialista, scrivendo alcuni trattati fiscali, tra i quali, “Del ricorso Tributario”. Consulente del Tribunale civile e penale di Roma.
Autore dei romanzi: “Il mistero della spilla”, "Il velo bianco", "Il senso della vita - Giulia", ”Il cancello”. Ha prodotto volumi di poesie, tra cui: “La Valle”, “Parlo alla Luna”, “Quando parla il cuore”, “ Er profumo de Roma” e diversi altri.
È scrittore e poeta. Innamorato delle donne, della poesia ma, in special modo, della sua città: Roma. Nei suoi testi ritornano spesso spaccati di vita vissuta, in particolar modo i bombardamenti di Roma del 1943. È però, soprattutto, un poeta: cantore di quell’Amore genuino che ha rappresentato sempre per tutti il motore della vita.
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LA DONNA
Bella la donna d’ogni color creata
Del mondo la più dolce creatura
In aere spande sua avvenenza innata
Fiore che arido deserto anima
Mai soffrir palesa in avversi fati
A lei confidi ogni turbamento
Animo suo grande ascolta ti comprende
Consigli sempre cuor suo dispensa
Linfa è d’ogni vita nuova
Silente amante premurosa mamma
Gentil fiore nel giardino di vita
Piatta sarebbe esistenza nostra
Senza tal faro che da infanzia guida
Belli i suoi occhi anche se stanchi
Abbracciala forte sfiorale il volto
In gentil carezza
Sarà come se avessi intero firmamento
In quel grande impalpabile momento
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SERE DI MAGGIO
Tardo quel tempo, ormai sì lontano,
Trascorso nella quiete di silente borgo
Belli i ricordi, che in mente mia allocano,
Serate di maggio, che più non torneranno.
L’usar sedersi della propria casa all’uscio,
A smaltir del giorno andato il caldo
E faticoso diurno operar ne’ campi.
Tutto era silenzio, di tanto in tanto, una
Melodia di voci.
In adorne edicole, da cero Illuminate,
Si usava cantar alla Madonna
Un salmo
Soave profumo di ginestre
Da rigogliosa valle saliva
L’ incrociar dell’amato
Sguardo, volto arrossiva
Altalenanti, fosforescenti lucciole,
Apparivano
Più nitide sembravano le stelle
E l’ammirar un canto che saliva
In alto
Cuor mio or piange, nel desio intenso,
D’aver ritorno a quel ch’oggi mi manca.
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TENEREZZA
Silenti mano nella mano
Era il suo sguardo dolce
Ma di malinconia velato
S'udiva intorno rumoreggiare
Di vita
Di cose liete che rallegrar
Potevano
Ma nulla valse atmosfera
Gioiosa
Lo sguardo dolce tramutò
In tristezza
La mano mi strinse con
Dolcezza
È così ch'io ricordo
Quell'attimo d'infinita
Tenerezza.