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Nel giorno di Santa Cecilia, chi fermerà la musica?

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Oggi, 22 novembre, si festeggia Santa Cecilia, patrona della Musica e dei Musicisti!
Santa Cecilia (Roma, II secolo – Roma, III secolo) è stata una nobile romana convertita al cristianesimo, vergine e martire cristiana. Il suo culto è molto popolare.
Promessa sposa a Valeriano, si narra che Cecilia durante i festeggiamenti per le sue nozze, mentre nella sala si intonavano canti pagani, espresse cantando il desiderio di rimanere pura, con queste parole: “Conserva o Signore immacolati il mio cuore e il mio corpo, affinché non resti confusa”. Cecilia confessò quindi il suo voto di castità a Valeriano che si convertì al Cristianesimo e la notte del matrimonio ricevette il Battesimo da papa Urbano I. La coppia si impegnò quindi nell’opera di conversione del popolo.
Valeriano però venne per questo torturato e decapitato. Per la futura Santa la pena non fu da meno: fu ordinato che venisse data alle fiamme, ma il fuoco non la toccò.
Le autorità romane decisero quindi di decapitarla. Colpita tre volte non morì immediatamente. Dopo tre giorni Cecilia salì in cielo.
Dopo la morte, papa Urbano I la fece seppellire nelle Catacombe di San Callisto, in un posto d’onore, accanto alla cosiddetta “Cripta dei Papi”. La sua casa divenne invece una chiesa. Nell’821 il suo corpo venne trasportato da papa Pasquale I nella Basilica di S. Cecilia in Trastevere. Nel 1599, in occasione del Giubileo del 1600, furono effettuati i restauri della basilica. Il corpo di Cecilia fu trovato perfettamente conservato in un sarcofago. Il cardinale Paolo Emilio Sfondrati ordinò quindi che venisse realizzata una statua che la ritraesse nella posizione in cui giaceva. La statua attualmente si trova sotto l’altare centrale della chiesa.
La musica è forse uno dei settori che più ha risentito delle barriere alzate per evitare il contagio, in questo periodo di pandemia: interi tour in giro per il mondo sono stati annullati, e si sa i concerti, dopo il calo delle vendite fisiche di album, sono uno degli ambiti piu remunerativi per gli artisti e per tutto l’indotto che gli ruota intorno.
Non molto diversa la situazione per i dj e le band anche minori che si esibivano nei locali, anch’essi chiusi per ordinanza. No alle discoteche, sgli assembramenti e alle feste.
Ma la musica si è fermata? Direi proprio di no!
La musica alberga nell’animo umano, ne è parte e tutto.
Cantavano i Pooh:” Chi fermerà la musica?”. Anche ora che uno di loro, Stefano D’Orazio, è morto, nessuno potrà mai fermare la musica.
Non si sa quando potremo di nuovo andare ai concerti, non è ancora stato dato a nessuno il dono di fare profezie, ma la musica continua a fluire nelle case, nei vicoli, nelle vene di ognuno di noi.
L’esercizio di indovinare come sarà la musica del futuro – e che ne sarà della musica, nel futuro – si è dimostrato negli anni scorsi spesso futile. I futuristi teorizzavano un mondo in cui si fa musica con i rumori (e in parte ci hanno preso).
Ma la musica è come i sentimenti e sfugge ad analisi, alla logica, alla profezia.
L’intera storia dell’uomo, così come quella della musica e della tecnologia è piena di invenzioni inattese che hanno impresso cambiamenti inaspettati e radicali: basti pensare, negli ultimi decenni del ventesimo secolo, al Walkman o alla compressione mp3. Altre volte invece sono gli eventi epocali a cambiare molto velocemente il modo in cui l’uomo fa musica: le guerre, le crisi economiche, le pandemie – appunto.
Che cosa cambierà per chi suona e per chi lavora nel mondo della musica? Quando potremo andare ai concerti? Potremo andare a ballare? Come sarà la musica nel mondo che ci aspetta?
Nel mondo invaso dalla pandemia l’esperienza di ascolto è oramai completamente svincolata dal possesso di un oggetto fisico, sia esso l’ormai anziano cd in pensione o una chiavetta.
Accettata da tempo ormai la prassi di pagare ogni mese una grossa corporation per garantirsi ascolti illimitati, la differenza è quella che passa tra lo scendere al negozio per comprare l’acqua minerale e aprire il rubinetto per bere.
La musica, appannaggio di esseri umani dotati di sensibilità e di prestigio riconosciuto, oggi è anche in mano ad altri esseri di recentissima definizione, noti come youtuber e instagrammer, con la diretta.
Sono seguitissime, soprattutto dalle giovani generazioni, infatti, le dirette musicali su Facebook e Instagram.
Come molti antropologi e musicologi hanno notato, siamo in una società che opera una netta distinzione tra chi produce musica (e viene in genere ben pagato) e chi la ascolta e la balla (e paga).
È una distinzione non culturale, ma una caratteristica del nostro Occidente capitalistico.
Il mondo ora sembra tornare verso a una diffusione più orizzontale del fare musica. Si suona nelle case, si canta sui balconi, in famiglia (spesso in diretta streaming) per il piacere di farlo, con la crescente disponibilità di tecnologie a basso costo per fare musica e per diffonderla.
Ma i veri musicisti e i cantanti, gli orchestrali e il mondo dello spettacolo ne soffrono.
La situazione all’indomani delle prime misure restrittive ha provocato, nei docenti delle scuole di musica e nei musicisti in generale, l’emersione di sentimenti contrastanti insieme al senso di frustrazione.
Dopo le prime difficoltà, hanno però trovato il desiderio di ricominciare e di trasformare questo periodo in una nuova fase creativa. Ha prevalso nelle intenzioni dei docenti, anche di musica, la ricerca nella sperimentazione di nuove vie, in streaming e a distanza.
La pandemia, ne siamo comunque certi, non fermerà la musica, anche in omaggio e in onore di Santa Cecilia.

Amna Maria Stefanini, insegnante